Maestro di Cerimonie e Sommelier

Tiziana Sinisgalli

La degustazione è un viaggio, l’accoglienza un’arte.

Radici italiane e un istinto infallibile per profumi e sapori: Tiziana Sinisgalli e il fratello Filippo rappresentano le due anime, diverse ma complementari, che definiscono il carattere delle nostre esperienze di gusto.

Tiziana, com’è avvenuto il tuo incontro con il mondo dei vini?

Il primo ricordo è quello di una grotta scavata nella roccia: lì c’erano il torchio e la vasca di fermentazione dove i miei nonni preparavano il loro vino. Un prodotto semplice, il classico vino del contadino. Io ero bambina e vivevo la vendemmia come una grande festa per tutta la famiglia. Alcuni anni dopo è stato l’incontro con mio marito – che già si occupava di ristorazione – a riaccendere quella scintilla. È nata così la curiosità di sapere, anzitutto per me stessa. Volevo imparare a bere in modo consapevole. Poi c’è stato il vero e proprio percorso da sommelier. Ho superato i tre livelli, ma in questo lavoro non puoi mai smettere di apprendere e di studiare.

Quali sono le caratteristiche di una perfetta degustazione?

Non si deve avere fretta. La degustazione è un rito in cui si va alla ricerca di qualcosa di più di un normale sapore. Ogni passo deve essere compiuto. Prima di tutto, bisogna osservare come il vino cade nel bicchiere. Quali colori, quali sfumature sprigiona? Poi si lascia che l’olfatto venga avvolto dai profumi e si cerca di intuire cosa aspettarsi dal primo assaggio. Senza questi passaggi il palato non è pronto ad assaporare davvero. Lungo il percorso, accompagno i miei ospiti anche al di là della sfera sensoriale: il racconto della storia racchiusa in ogni bottiglia, trasforma l’esperienza in un viaggio alla scoperta della nostra terra e delle sue straordinarie eccezionalità.

Conoscenza, istinto o passione? Cosa ti guida nella scelta di un produttore?

Ognuno di questi aspetti è importante. C’è la conoscenza che deriva dai tanti chilometri percorsi, da Nord a Sud, per incontrare personalmente i produttori. Aziende da cui provengono al massimo 5.000 bottiglie all’anno sono pronte ad affidarti il loro vino solo se si crea un rapporto di stima reciproca. In questo, conta molto anche l’istinto: la fiducia nasce guardandosi negli occhi. Poi c’è la mia grande passione per la cucina di Filippo, di cui il mio lavoro deve essere espressione, che mi porta a cercare instancabilmente, fra tanti vini di qualità, quello che sarà capace di esaltarla nel modo migliore.

Chef e sommelier, ma anche fratello e sorella. Come si coniuga il tuo lavoro con quello di Filippo?

Siamo l’espressione di due caratteri differenti che non possono fare a meno l’uno dell’altra: si completano e si valorizzano a vicenda. Il mio ruolo va al di là della ricerca del perfetto abbinamento con le creazioni di Filippo. In sala, io rappresento l’anello di congiunzione con i nostri ospiti e ho il compito di raccontare loro l’emozione che ogni piatto di mio fratello esprime.

L’accoglienza è quindi parte integrante dell’esperienza di gusto?

Esattamente. Tutto ha inizio molto prima di sedersi a tavola. Accolgo i nostri ospiti come farebbe una padrona di casa, perché voglio che si sentano subito avvolti da un’atmosfera di piacevole familiarità. Come lo Chef lavora in sinergia con la brigata per ottenere eccellenti risultati, così anch’io collaboro con il team di sala per trasmettere il senso della tipica convivialità italiana.

Quale tipologia di vino ti rappresenta di più?

I vini rossi che hanno intensità e carattere, ma sono anche ricchi di sfumature.